Il presidente è stato ferito, come un leone preso di sorpresa, giovane e ancora nel pieno delle forze, con un cuore che batte per un ideale abbracciato da bambino. Umberto Toia, 48 anni, storica bandiera del tifo bianconero, è stato vittima di una spedizione punitiva, o chiamiamolo agguato, perché la sostanza non cambia, ed è accaduto poco prima di Natale, ma è bene capire cosa si agita nel tifo nazionale e se ci sono dei veleni che aleggiano attorno a questa storia e riflettere ora a bocce ferme.
L’agguato si è consumato nel cortile del bar Black&White di Grugliasco che Toia gestisce da anni, dove è stato avvicinato da un gruppo di uomini a volto coperto e armati di spranghe. L’atto è stato vile e degno di chi non affronta l’avversario alla pari. Lo hanno colpito alla testa con violenza, spezzandogli le gambe, poi massacrato di botte e così a terra, al freddo, in fin di vita avrebbe potuto non uscirne vivo.
Toia capo storico e di temperamento degli ultras Fighters, ha dato molto alla
Juventus, cuore, sentimenti e passione. Difficile addentrarsi nel labirinto di questo mondo, eppure Umberto ha profuso nel mondo delle curve, risorse umane, sentimento e anche risorse economiche, riuscendo anche ad avere un’attività economica di ritorno. Si è parlato molto di merchandising, d’interessi economici legati allo sfruttamento di alcuni marchi e anche della posizione che le tifoserie hanno all’interno dello stadio.
Quella sera Toia indossava la maglietta del suo gruppo, Tradizione. È il cuore di una galassia d’altre sigle (Fighters, Antichi valori), che allo stadio occupano la parte bassa della curva, vicino al campo, e che in passato si sono contrapposte a chi oggi sta in alto, al secondo anello, i Drughi. Quei posti in curva, nell’estate 2011, durante il ritiro della Juve a Bardonecchia, se li contesero in una rissa a coltellate: brutta faccenda. La posizione vuol dire potere, che significa grande seguito, e quindi guadagno per i professionisti del tifo. Stare in basso è cosa ben diversa che stare in “piccionaia”, ma abbiamo ragione di credere che ci sia ben altro dietro all’aggressione di Toia.
Molte chiacchiere sono state scribacchiate riguardo questa vicenda, parlando di criminalità di basso livello, di balordi, ma resta il vile agguato di chi si nasconde nell’ombra e vile resta!
E’ chiaro che qualcuno cercava vendetta per qualcosa di grosso, tuttavia mai si può giustificare un atto simile, nemmeno se Toia fosse un pericoloso criminale, cosa che naturalmente non è. Anche gli inglesi del Heysel, i terribili hooligans affrontavano e affrontano il nemico a viso aperto, quelli che Umberto incontrò quel pomeriggio in Belgio, già, c’era anche lui. Tutto questo non deve avere spazio nello sport, negli stadi, eppure l’esperienza insegna che altre pagine dovranno essere scritte in questa vicenda. Auguriamo al Presidente una pronta guarigione e di tornare presto a ruggire in curva, sollevando magari un’altra coppa.
Simona Aiuti