
Simona Aiuti
Si festeggia l’8 marzo, ma con quali presupposti? Feste scalmanate, tipe wanna be che si smutandano in discoteche in cui si svolgono feste a tema, in cui giovanotti muscolosi si denudano pure l’oro e basta solo pagare l’obolo. E intanto in Italia le donne non se la passano affatto bene. Il gentil sesso, sarà perché è troppo gentile, deve fare i salti mortali per sopravvivere, visti i femminicidi, ed è una grazia se trova un lavoro decente e riprodursi poi è un vero miracolo.
Qualcuno a ragion veduta potrebbe chiedesi: “ma che avranno le donne italiane da festeggiare?” E come dargli torto?!
Nel Bel Paese le donne non attraversano un grande periodo di vacche
grasse, e sarà per la crisi che proprio non ci vuole lasciare, sarà per una congiunzione economico/culturale che tende a cadere in picchiata, insomma le donne stanno arrancando e il problema vero è che moltissime non ne hanno una vera consapevolezza.
La famosa “sorellanza” è ancora molto lontana dal realizzarsi, quindi, se noi stesse non ci amiamo, non facciamo gruppo, non ci spalleggiamo e passiamo il tempo a litigarci un fidanzato, come cagne che si litigano un osso, che speranza abbiamo che gli uomini ci prendano sul serio.
L’otto marzo giriamo come oche giulive brandendo mazzolini di mimose come se fossero una bacchetta magica della fata madrina con l’espressione più beota che si possa immaginare, tra l’astigmatico e il rincitrullito e intanto nei posti di potere di donne ce ne sono ben
poche, ma che importa?! Intanto ci facciamo tremila selfie e sembra che la vita sia tutta lì.
Le ragazze italiane sembrano occupate per lo più a mettersi il gel sulle unghie, a piastrarsi i capelli e a mettere insieme i soldi per un intervento di chirurgia estetica, e intanto il mondo va da un’altra parte.
La politica non si occupa delle donne che di fatto non stanno facendo più figli, a parte le donne straniere che spesso, nulla tenenti, vengono qui a partorire e ci passano davanti in lista per gli asili nido e tutta l’assistenza medica è gratis. Le ragazze italiane spesso vanno all’estero per costruirsi una professione, figuriamoci se riescono a ipotizzare di mettere su famiglia e intanto la politica sta a guardare.
Addirittura sembra che la vita stessa delle donne italiane non valga niente, altrimenti non si spiega il fatto che chi uccide una donna, in questo paese se riconosciuti colpevoli, possono essere condannati anche solo a sedici anni di reclusione. Vale così poco la nostra vita? E con questi presupposti come possiamo credere ancora nella giustizia?
Simona Aiuti
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