
Simona Aiuti
Piante e fiori hanno davvero dei sentimenti! Questa è stata la conclusione di Cleve Backster nel 1960 e da allora molti altri studi hanno avvalorato le sue ricerche e i suoi studi.
Cleve, ex specialista degli interrogatori della CIA, collegò sensori poligrafi alle piante e scoprì che danneggiando le piante, ad esempio tagliando le foglie, queste ultime reagivano anche a pensieri nocivi degli esseri umani in prossimità di esse.
Backster decise di attaccare gli elettrodi del poligrafo alla dracaena del suo ufficio, poi d’innaffiare la pianta e vedere se le foglie rispondessero. Scoprì che la pianta aveva reagito a questo evento, e decise di vedere cosa sarebbe successo se l’avesse minacciata, e formò nella sua mente l’idea di accendere un fiammifero sulla foglia dove erano stati attaccati gli elettrodi.
E fu allora che accadde qualcosa che cambiò per sempre la vita di Backster e la nostra. La pianta non aspettò che lui accendesse il suo fiammifero, ma rispose ai suoi pensieri! Attraverso ulteriori ricerche scoprì che le piante erano a conoscenza le une delle altre, che piangevano la morte di qualsiasi cosa, provando forte antipatia per le persone che uccidono le piante senza cura, e estendendo la loro energia alle persone che le hanno cresciute e hanno avuto cura di loro.
Egli scoprì che le piante reagiscono al momento di eventi che accadono
a migliaia di chilometri di distanza. Esse non sono solo telepatiche, sono anche premonitrici, anticipano eventi positivi e negativi, incluso il clima atmosferico.
Una delle cose più importanti che Backster scoprì fu che le piante quando si trovano in presenza di un pericolo travolgente diventano catatoniche!
Facendo un balzo in avanti nel tempo, di recente c’è stata una scoperta dei biologi dell’Università di Torino che ha dimostrato che quando
vengono attaccate, le piante attirano i nemici naturali dei loro parassiti, così sentono il pericolo e chiedono aiuto per salvarsi. E con una specie di catena di Sant’Antonio, avvertono quelle vicine del rischio che stanno correndo.
Se prendiamo una pianta e ci posiamo sopra un bruco affamato allora il vegetale cercherà di difendersi. Non solo, riuscirà persino ad avvertire le piante vicine dell’imminente pericolo. Come? Semplice, comunicando.
La scoperta scientifica è stata pubblicata sul numero di aprile di “Plants Phisiology”, la prestigiosa rivista che è anche l’organo ufficiale dell’American Society of plants biologists.
Sicuramente sarà capitato di sentire che, se si parla alle piante, le si cura con amore, queste cresceranno in modo mirabile e daranno grandi soddisfazioni. Sembra che si inneschi un legame e una corrispondenza tra la pianta e chi si occupa di lei.
Inoltre, già negli anni ‘60 e ‘70 ci furono ricercatori che fecero alcuni esperimenti per verificare le reazioni delle piante ad un particolare tipo di musica e ad alcuni rumori; si scoprì attraverso lo studio delle vibrazioni emesse dalle piante, che esse sembravano essere molto sensibili alla musica, che permetteva una crescita migliore e, nel caso, anche frutti più dolci. Al contrario, con il rumore, erano più fragili e “sofferenti”.
Ebbene, questa risposta sembra che abbia dei riscontri più concreti e
vada anche molto al di là di tutto ciò, almeno secondo alcuni ricercatori del Dipartimento di Ortofrutticoltura dell’Universita di Firenze e di Bonn che hanno ripreso questi esperimenti in modo più analitico e con capacità tecnologiche maggiori.
Questi studiosi sono stati tra gli iniziatori di una nuova disciplina molto dibattuta: la neurobiologia vegetale.
La comunicazione con le altre piante avverrebbe attraverso l’atmosfera ed il terreno stesso ed eventuali anomalie dovute ad inquinamento o pesticidi finirebbero con il rovinare queste trasmissioni ed essere la causa di molte malattie della pianta stessa.
La “sede” del loro “cervello” sarebbe nell’apice radicale delle radici e con maggiore esattezza risiederebbe in un gruppo di cellule nella zona detta di “transizione”.
Joel Sternheimer, musicista e fisico francese, ha già individuato le sequenze sonore, non casuali dunque, che aiuterebbero la crescita delle piante.
Secondo questa teoria, in attesa di brevetto internazionale, ogni nota
della sequenza reagirebbe con un aminoacido di una proteina, mentre l’intera sequenza corrisponde alla proteina nella sua interezza. Ciò significa che i suoni in sequenza, come una sorta di DNA, determinano una melodia unica per ogni tipo di pianta e ne stimolano la crescita.
Con la musica giusta, le piante producono più proteine specifiche, mentre altre musiche ne inibiscono la produzione.
Che le piante soffrano o gioiscano rimane assodato, e il rispetto della natura ne deriva è senz’altro la salvaguardia di tutto il pianeta e di tutti gli esseri viventi, noi compresi!
Già lo studioso Jagadish Chandra Bose, fisico e botanico indiano, aveva

Simona Aiuti
accertato delle reazioni, che si potrebbero definire “emozioni”, attraverso degli elettrodi collegati alla pianta, esperimenti ripresi anche attualmente.
Secondo gli studi fatti, si arriverebbe addirittura a desumere che le piante hanno la possibilità, proprio come gli esseri umani, di comunicare, di sentire emozioni, pensieri, ed elaborarli, prendendo anche delle eventuali decisioni, se necessario!
Simona Aiuti