Ci risiamo anche quest’anno; luminarie, presepi, vetrine allestite in modo pingue e centri commerciali che debordano di ogni ben di Dio, al punto che il formicaio umano che vi tracima, è subito preda di un’euforia ebbra di consumismo, qualcosa che a volte dà vita a liti per l’ultimo regalo da fare assolutamente all’odiata cognata o per aggiudicasi quel giocattolo costosissimo, senza il quale il pargolo resterà traumatizzato per tutta la futura adolescenza e “Dio non voglia”!
Sotto le feste i reparti macelleria e gastronomia diventano i gironi infernali dei golosi e degli obesi in libertà vigilata, e la regola numero uno è conservare lo scontrino per tutto, poiché il dono potrebbe non piacere, la taglia essere sbagliata, e quindi ci sarà il valzer dei cambi, che è poco elegante, ma tant’è! La deriva del cattivo gusto è arrivata a sostituire del tutto i regali con dei buoni da spendersi nei negozi mono marca, oppure tra amici si tocca il fondo regalando delle banconote per semplificare fino alle estreme conseguenze il “problema regalo”, allora credo sia lecito domandarsi perché continuare a farli, non sarebbe meglio smettere piuttosto che ridursi a uno stato così squallido?
Il problema è che si è rarefatto il senso del ridicolo ed è accaduto a metà strada tra orribili maglioni natalizi e cerchietti con corna di renne che s’illuminano, neanche fossero fuggite tutte le bestie che tirano la slitta di Babbo Natale, Rudolph in testa, visto che è quello che ha il naso rosso che fa luce nella notte.
Eppure la giostra continua a giare un gettone dopo l’altro e tutto il periodo delle feste di fine anno a sua volta ruota in un turbine di cene aziendali nelle quali si lecca il capo ufficio senza la più pallida dignità, seguono le consuete cene tra vecchie amiche per controllare quanto la Marisa sia ingrassata e per aggiornarsi su corna, fecondazioni assistite e vacanze in posti esotici, tanto per far invidia.
Il picco sono le cene e i pranzi di famiglia, nei quali si deve per forza incontrare chi non si frequenta e non si vede mai al di fuori di queste circostanze, e se è così secondo me un motivo ci sarà. Tra panettoni farciti e cotechini pingui che annegano tra lenticchie e gianduia come se piovesse, mangiando e bevendo come se non ci fosse un domani, si divide la tavola con gente che si detesta profondamente e con cui s’innescano faide per eredità e questioni d’interessi che se va bene finiscono in tribunale e se va male a pesce in faccia, risparmiando capitoni e salmone, visti i prezzi esorbitanti.
La giostra continua a girare con scambi di regali a rullo continuo, che specie tra fidanzati è d’obbligo e se lui non è stato abbastanza generoso e ha avuto la malaugurata idea di evitare la gioielleria, potrebbe essere archiviato come l’anno in procinto di finire.
Si sorride, ci si abbraccia e bacia come se ci si volesse bene veramente, annoiandosi in tombolate soporifere, un po’ per la digestione, un po’ perché a chi cazzo piace fare la tombolata con zia Pina, o giocare al mercante in fiera con zio Antonio che racconta random lo stesso episodio?
Le coppie si riuniscono, anche se lo sanno tutti che o sono separati in casa o in procinto di andare davanti al giudice, perché a Natale si va a trovare mamma, mica si sta con l’amante, non sta bene!
Una partita a poker, e per i più temerari c’è la messa di mezza notte, in cui si sonnecchia portandosi dietro odore di frittura di pesce e carciofi sfrigolati nella pastella. Tutti si scambiano gli auguri, ma auguri per cosa?
Senza ipocrisia bisogna ammettere che si tratta solo di frasi di circostanza, che ci si lascia volentieri dietro dopo il luculliano cenone di capodanno, malinconico e stiracchiato tra altri baci e altri abbracci, in cui ci si azzarda buttandosi in look terribili quanto improbabili da dimenticare velocemente.
Nel frattempo almeno il 40% dei regali sono finiti on line, in vendita o riciclati per qualcun altro, a volte mantenendo anche la stessa carta regalo. Ci sono pacchetti di candele e pigne argentate che hanno cambiato proprietario almeno quattro volte.
Calcolare quanti milioni di euro vengano spesi in questi giorni non è semplice, forse sarebbe meglio dire bruciati, sprecati, per non parlare del cibo che finisce nella spazzatura, un vero schiaffo alla miseria, ma tant’è? La gonna tira, la cintura è all’ultimo buco e per fortuna Pasqua sembra lontanissima.
Di quel bambino che come culla ha avuto solo una mangiatoia si sono dimenticati quasi tutti. Lui non aveva abiti firmati e omogeneizzati, eppure attorno aveva poveri pastori che non avevano nulla da regalargli, eppure era Natale e c’era un po’ d’amore.
#Frosinone, cittadina dell’Italia centro meridionale un tempo ridente, ora da ridere sembra avere ben poco. Inquinata come Pechino, con una popolazione in assoluta caduta libera; meno di 50.000 abitanti e forse con tre milioni di auto circolanti, e diciamocelo pure, amministrata in un modo quantomeno bizzarro e talvolta piuttosto grottesco, la qualità della vita cala e molti scelgono di scappare da una provincia che è ricchissima di storia, potenzialità e risorse umane, spesso soffocate in culla.
Il degrado, lo spopolamento e la desolazione urlante del centro storico della città di Frosinone è triste come un crisantemo rinsecchito il due di novembre, ed è qualcosa che sta avvenendo in un modo così lento e inesorabile da riuscire ad avanzare come una colata lavica inarrestabile, non riuscendo quindi a trovare nessuno, ma davvero nessuno che riesca a fermare tale malinconica decadenza.
Sembra che molti residenti del sopra citato centro storico, abbiano scambiato la zona della città in cui vivono e nella stragrande maggioranza dei casi, in cui sono anche nati, cresciuti e mi consentano “pasciuti”, come un dormitorio, dove al massimo si può parcheggiare un suv nei pochi posti auto che ci si contende con il coltello tra i denti e la scimitarra in mano, e forse è meglio tenerla lì l’auto perché quando nelle strette vie si transita “motori muniti”, s’ingorga tutto e ci si chiede anche il perché. Basterebbe ricordare che nei secoli passati ci si passava solo a piedi, o al massimo con l’asino, quindi infilare con il calzascarpe delle grosse auto è talvolta ridicolo. Contrariamente a ciò che accade in altre città, non c’è un centro storico pedonalizzato, un salotto buono, per carità, nessuno cammina a piedi e tutti vogliono la macchinina o vicino al tavolino del Bar, o accanto al comodino. Si aprono praterie per gli squallidi centri commerciali e il Comune che fa?
Certe alte gerarchie politiche, oltre che presentarsi per la festa del patrono in prima fila(riservata a dispetto di vecchine bastone munite) con al seguito bionde mogli fresche di parrucchiere, per fare la solita passerella davanti al vescovo e salutare a favore di fotografi i disabili in carrozzina, forse hanno altre iniziative in mente? Oltre ad inaugurare cantieri per stadi(cattedrali nel deserto) caschetto muniti, e di anno in anno, mostrare alle telecamere una pinguedine sempre più avanzata, è lecito chiedersi se c’è altro nel cilindro? Ba! Tutto tace.
D’altra parte, da taluni politici, che non riescono a tenere a freno la figliolanza, che radio serva definisce scolasticamente disastrosa e maleducata, come possiamo aspettarci che riescano a organizzare delle iniziative per puntellare la città prima che debordi e frani nel fiume?
Un tempo il “cocuzzolo” brulicava di botteghe, negozi, esercizi commerciali, odori, profumi, vociare, bimbi, mamme, ciambelle, mercati che attraversavano tutto il centro cittadino e ora c’è solo desolazione e silenzio, ma i gestori telefonici lavorano!
Già, pare che influenti personalità che abitano in zona, non gradiscano alcun rumore, poiché devono riposare, non vogliono il mercato della frutta e verdura, poiché devono dormire, poi non vogliono pub e paninoteche, poiché sono stanchi, e quindi tutti zitti e mosca! Si alza la cornetta in bachelite e scende subito la mannaia. Ebbene costoro dovrebbero invece considerare che la città non è un dormitorio, e non è nemmeno una loro esclusiva proprietà da cristallizzare come una foresta incantata, resa sterile da una strega cattiva.
Ultimamente è stata falcidiata una tradizione antichissima, ovvero, il mercatino della frutta e verdura del martedì e sabato che sembra sia stato eliminato dalla nota e così da sempre detta Piazza del popolo, con velenose telefonate, poiché si deve parcheggiare, poi disturbava gli affari di altri, e taluni esercenti limitrofi proprio non volevano più vedere quel mercatino, quindi telefono alla mano alla cornetta, la lamentela è stata puntualmente accolta, quindi il mercato sparisce!
Nemmeno Totò Riina otteneva così tanto. Qualcuno potrebbe dire che il mercatino è stato solo spostato, invece sappiamo tutti che quello è un modo per eliminare lentamente una tradizione, infatti, qualcuno ha già gettato la spugna.
In altre città il centro storico è ampiamente pedonalizzato, le botteghe artigianali restano aperte con sgravi fiscali, aiuti a pagare gli affitti e soprattutto il Municipio sollecita e obbliga i cittadini, oltre che a dormire, a mettere in sicurezza catapecchie che rischiano di caderci in testa.