A volte anche nelle piccole città di provincia, sonnacchiose, inquinate e spalmate di cemento su sui scivolano idrocarburi densi come palline di silicone, qualcosa si sveglia, qualcosa tipo un movimento spontaneo come #sdf, libero, senza orientamento politico, senza pretese e presunzione, se non quella di esistere e fare qualcosa di buono per la comunità. Uomini e donne, ragazzini, anziani, e massaie che cucinano e fanno selfie di quello che preparano. Tutti insieme lentamente si sono uniti, avvicinati e iscritti su una pagina di un noto social, e da pochi, son diventati circa diciottomila, non male! Dal dopo guerra in poi la città di Frosinone più che essere stata ricostruita, è stata devastata da colate di calcestruzzo famelico, palazzoni su cui svettano ancora tetti d’amianto ridicolmente colorato, abusivismo edilizio, politicanti corrotti e senza la minima idea di come poter “raddrizzare la rotta”, ma con la chiarissima intenzione di curare gli interessi della “famiglia”. Inchieste, bustarelle, gornalisti corrotti come cancelli arruginiti che belano a quattro zampe davanti al politico che li sovrasta. Amministrazioni di mille colori e schieramenti si sono avvicendate, per lo più a loro volta genuflettendosi ai politici romani, ma ora la provincia di Frosinone non è più solo questo. #sdf fa sul serio, ripulendo zone abbandonate, restituendole alla popolazione, autogestendosi, autofinanziandosi, e prendendo in mano gli strumenti di lavoro. L’idea è semplice, e chiunque lo desideri, può unirsi a loro, ma deve avere le mani pulite e se deve sporcarsele, sarà per aver lavorato. nSulla pagina dei diciottomila non c’è il berciare, ma il proporre, discutere, ricordare vecchi tempi, tradizioni, come tenere in vita il dialetto della città, e devo dire che c’è un collante, qualcosa che si evolve. L’associazione sta anche ristrutturando quella che sarà la sede operativa, sita nel cuore del centro storico della città ed è bello che sia così. Alcuni, anzi molti hanno trovato e ritrovato degli amici, hanno affrontato momenti difficili grazie ad una mano tesa da prendere al volo e giuro che siamo diventati funamboli da circo che non sbagliano una presa. Questa è una città molto meno bella di quanto potrebbe essere, ma solo per essere stata poco amata da chi l’ha amministrata e forse molti cittadini hanno vissuto nell’apatia e nella rassegnazione fin troppo. Ora qualcosa si mobilita, i vecchi baroni minimizzano, stanno a guardare, alcuni con riso sardonico e di sufficienza, ma questo atteggiamento è di chi si sente minacciato “dall’onda blu”, che è giovane, che non è più ignorante e manovrabile, che non regala più la propria città, prostituendola al miglior offerente. Non abbiamo più il nostro anfiteatro, sepolto sotto ignobili palazzoni, non abbiamo più molte delle nostre vestigia, ma abbiamo noi stessi. Buon lavoro.
Si blocca al voto finale la legge sul #doppiocognome!
Solito pasticcio all’italiana e in Parlamento i “soliti noti”, mediamente bacchettoni, e sufficientemente maschilisti, che forse non hanno capito bene che lavoro stanno facendo e per chi, proprio ad un soffio dal voto finale per la nuova legge sul doppio cognome dei figli già approvata dalla commissione Giustizia che lascia liberi i genitori di scegliere, l’hanno bloccata.
La nuova legge era all’esame finale dell’assemblea con votazione prevista fra oggi e domani, ma un rigurgito purulento e retrogrado, le ha dato un bel calcio, facendo melina e catenaccio, rispedendola all’indietro.
Dopo una richiesta avanzata da Fdi di rimandare addirittura la legge in commissione per sistemare alcune questioni definite “formali” sul testo, è stato poi deciso invece di rinviare a un momento successivo il voto dell’assemblea senza specificare quale, lasciando tutti con un palmo di naso.
Quanto accaduto oggi in aula sulla votazione della legge sul doppio cognome è estremamente grave e scandaloso, una autentica vergogna, come se questo nostro paese non volesse uscire dalle sabbie mobili, allinearsi all’Europa e rispettare la Costituzione italiana. Direi che la misura è colma! Lo stop è arrivato per i veti culturali opposti da alcuni deputati, maschi naturalmente, ma senza addurre motivazioni concrete, poiché negli anni sono state tutte demolite e non ci sono affatto motivazioni concrete, se non quelle dei “benaltristi”.
Il testo di legge è stato votato all’unanimità in commissione Giustizia, allineando finalmente l’Italia agli altri paese europei (Francia, Spagna, Germania, Inghilterra) in materia di trasmissione del cognome ai figli, rispettando i diritti civili delle donne, mettendole alla pari degli uomini.
Tutto questo avrebbe dovuto mettere fine alla concezione patriarcale della famiglia, come sottolineato già nel 2006 dalla Corte Costituzionale e poi molte altre volte! Votando questo disegno di legge, si poteva mettere non solo fine ad un’ingiustizia, ma anche rispondere in modo consono ad una sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo che, il 7 gennaio 2014, aveva condannato l’Italia per violazione del principio di uguaglianza, negando ad una coppia la possibilità di dare ai figli il cognome della madre.
Ciò discrimina le donne, lasciando solo agli uomini il diritto di trasmettere il proprio cognome, e di tramandare poi ai figli la propria storia e i propri valori.
Tremano i polsi davanti a tanta prepotenza, strafottenza e all’evidente ignoranza e al maschilismo che non solo blocca il voto finale, ma è stato suggerita addirittura la sospensione della discussione della legge.
Che riflettano gli italiani! Che si scuotano le donne, e che si facciano un esame di coscienza coloro i quali negano alle donne italiane la completezza della realizzazione dei diritti costituzionali che anche le rappresentanti del gentil sesso stilarono nella “Costituente”.