La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia, e non è la prima volta che arriva una batosta per il nostro paese e sempre per lo stesso argomento. Anche i genitori italiani hanno il diritto a poter dare ai figli il cognome della madre e solo quello, se lo desiderano. Sono circa trent’anni che arrivano tirate d’orecchie e staffilate durissime riguardo quest’argomento per noi italiani. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per aver negato a una coppia la possibilità di dare alla figlia il solo cognome materno, eppure la pachidermica macchina politica italiana ancora si muove a rilento e male! Il parlamento italiano dovrà legiferare in questo senso, quindi le coppie potranno fare ricorso per ottenere il cognome materno per via giudiziaria. Purtroppo però ora iniziano le note dolenti, infatti il disegno di legge su cui si sta lavorando prevede che il cognome della madre si potrà dare solo se lo concede il padre, e questo concetto molti italiani proprio non riescono a digerirlo.
Il testo prevede l’obbligo per l’ufficiale di stato civile dell’iscrizione all’atto di
nascita del cognome materno in caso di accordo tra entrambi genitori. In questo modo sarà possibile la trasmissione del cognome materno, ma come sopra detto, solo se il pa
pà è consenziente. Nessuna parità dunque tra uomo e donna
e per dare il cognome al figlio una donna dovrà addirittura chiedere il consenso al padre del bambino: ma allora perché non chiedergli il permesso anche per mettere una gonna con l’orlo sopra il ginocchio?
A dire il vero, il disegno di legge è scarno, 4 articoli in
tutto. Sembra una rivoluzione, e anche avviata in tempi record dall’esecutivo per dare una risposta veloce alla Corte europea per i diritti umani, che il 7 gennaio ha condannato il nostro Paese proprio perché discrimina la donna. E ironia della sorte, per rispondere a una sentenza che ci bacchetta per aver discriminato le donne, rispondiamo con un disegno di legge che discrimina a sua volta.
L’esecutiv
o ha anche deciso di far approfondire tutti gli aspetti da un gruppo di lavoro interministeriale, il che significa che il disegno di legge potrebbe finire in una bolla di sapone come è accaduto ad altri suoi predecessori. Il ddl modifica l’articolo 143-bis del codice civile e prevede che il figlio “assume il cognome del padre ovvero, in caso di accordo tra i genitori risultante dalla dichiarazione di nascita, quello della madre o quello di entrambi i genitori”. Stessa regola per i figli nati fuori dal matrimonio o adottati. In pratica, secondo il testo governativo il neonato prende “in automatico” il cognome paterno, salvo che i genitori non si mettano d’accordo per dargli quello della mamma o entrambi. La possibilità che deriverebbe dalla nuova legge, che fratelli e sorelle abbiano cognomi diversi sembra un problema insormontabile,
ma per i più è solo una scusa bella e buona. Principalmente non convince il fatto che se il papà non è d’accordo la mamma non può dare il proprio cognome al figlio e questo è intollerabile, poiché riporta la donna ad una condizione subalterna. E’ una beffa che sia stato messo per iscritto che la concezione della donna nei confronti dell’uomo cui spetta ancora l’ultima parola è e resta subalterna.
Non è prevista alcuna reciprocità: perché il parere del marito è vincolante e quello della moglie no? Perché il cognome materno è ammesso soltanto se il padre è d’accordo e non viceversa? Perché la donna non può decidere se il proprio figlio debba o non debba avere il cognome del padre e deve deciderlo un tribunale o il padre stesso? Ci attendiamo tempi veloci per il varo di una legge, ma che sia una vera legge, non un insulto ai diritti civili delle donne italiane, e non tollereremo mai un decreto o un obbrobrio che metta la donna in una luce subalterna.
Simona Aiuti