Archivio per novembre 2012
Agli inizi del ‘900 le donne si tolsero busti e bustini, sottogonne e crinoline, si
Con la crisi del ’29 le gonne iniziarono ad allungarsi e negli anni ’40 comparvero per la prima volta le donne in pantaloni chiamate a sostituire in fabbrica gli uomini occupati al fronte, ma gli abiti erano fascianti e le forme prorompenti esplodevano. Da quel momento le gonne tornarono al ginocchio non perché si sguazzasse nell’oro ma perché la seconda guerra mondiale necessitava di cannoni e carri armati, richieste che avevano fatto
La crisi degli anni 70, la guerra in Vietnam fanno tornare le gonne da zingara e
Lentamente ma in modo inesorabile, ogni elemento fasullo della grottesca impalcatura di Calciopoli sta scrollando, svelando la realtà nuda e cruda.
Una delle prove principali, usate come grimaldello per incastrare Luciano Moggi, erano le famigerate schede svizzere, quelle sim che, secondo l’accusa, l’ex dg della Juventus usava per tirare le fila dell’altrettanto fantomatica “cupola”, chiacchierando con arbitri e designatori, scampando dalle intercettazioni. In questi giorni però, Paolo Gallinelli, già avvocato dell’ex arbitro De Santis, apre uno squarcio e butta un’ombra su questi tabulati.
Gallinelli ha messo sul banco degli imputati una domanda concreta come un mattone, chiedendo e chiedendosi come avrebbero mai fatto i Carabinieri ad avere nei tabulati i tentativi di chiamata fatti con queste schede svizzere, quando l’altro telefono era spento o non raggiungibile. La domanda non è banale, ma fondamentale, poiché soltanto dal 2009 le compagnie telefoniche italiane raccolgono quel tipo di dato. Prima di questa data, i tabulati in possesso della magistratura contenevano solo le chiamate con risposta.
Dunque, se solo dal 2009 le compagnie telefoniche raccolgono quel tipo di informazione, com’è possibile che nei tabulati in mano agli inquirenti di Calciopoli, per intenderci le informative che fornì il colonnello dei carabinieri Auricchio, i tentativi di chiamata senza risposta risultano?
Quei tabulati, secondo quanto ricostruito dai Carabinieri, sono stati ottenuti dalle compagnie telefoniche
italiane, alle quali le schede svizzere si agganciavano in roaming. Secondo la ricostruzione, si chiese alle aziende (Tim, Wind, Vodafone, eccetera) di conoscere il traffico telefonico di quelle schede, e sapere quando agganciavano le cellule italiane. Le compagnie consegnarono questi tabulati, sui quali i Carabinieri effettuarono manualmente, quindi senza computer lo schema degli incroci per stabilire da dove chiamavano e chi. In questo modo si deduceva che se una scheda aveva molti contatti da Arezzo veniva associata all’arbitro Bertini, e così via per gli altri. Un metodo un po’ azzardato e non proprio scientifico, che però ha avuto inspiegabilmente successo nel processo di primo grado.
Quei dati quindi non potevano essere forniti, invece c’erano, e allora come e da chi arrivarono quelle informazioni? Come spesso abbiamo detto in questa lunga storia, “a pensar male si fa peccato però ci s’indovina”.
Un campanello d’allarme suona quando poi si pensa al pc di Giuliano Tavaroli presente nella caserma di via in Selci quando iniziò l’inchiesta Calciopoli. Questo portatile dell’uomo “Telecom” che aveva organizzato le indagini su Moggi e De Santis, venne spedito a Roma dalla Procura di Milano con un decreto d’ispezione: cosa conteneva? Era forse un vaso di Pandora? Dopotutto Tavaroli poteva accedere al sistema Radar per intercettare “illegalmente” il traffico telefonico e allora sì che poteva registrare i tentativi di chiamate! Ci piacerebbe davvero che in secondo grado questo pc in qualche modo parlasse!
La paura è la madre dell’obbedienza, quindi essere vigili e cercare d’imparare l’autodifesa vera e propria è importante, poiché care donne, abbiamo un grande potenziale, e non siamo così fragili!
Uno pray al peperoncino può servire ma ricordate che il nostro corpo è la nostra arma. Ci hanno trasmesso che siamo potenziali vittime, ma non ci hanno mai detto come autodifenderci, in fatti, allenandoci possiamo ottenere molto.
Perché donna, molti uomini, per fortuna non tutti, danno per scontato di poterci interrompere mentre parliamo, di invadere il nostro spazio, di toccarci tutte le volte che vogliono, di insultarci e di violarci. Perché dovremmo avere paura di uscire la sera? Perché dovremmo lasciarci insultare? Perché dovremmo stare zitte e lasciarci toccare dai molestatori? E perché dovremmo essere intimidite e costrette alla passività? Un corso di autodifesa aumenta la sicurezza di noi stesse, ci aiuta a prendere il controllo delle situazioni. Inoltre, la consapevolezza delle nostre capacità fisiche ci sostiene quando ci difendiamo verbalmente o quando non vogliamo essere intimidite. Chi ci aggredisce vuole farci del male, quindi noi dobbiamo reagire e difenderci. La nostra volontà di difesa è molto più grande della voglia dell’altro di farci male, per questo possiamo essere più forti. Tutti gli abusi, dai commenti sessisti alle palpate sull’autobus alla violenza sessuale, sono connessi. La famiglia non è necessariamente un luogo sicuro e nemmeno il posto di lavoro o di studio. I dati delle violenze in famiglia e degli abusi sessuali sui luoghi di lavoro/studio parlano da soli.
Tenere la testa bassa, le spalle curve, rannicchiarsi nel sedile e farsi piccole comunica un messaggio preciso: ‘io sono debole’. Se ci si trova in una situazione pericolosa e bisogna difendersi, è importante tenere i piedi ben piantati a terra, leggermente divaricati e uno dei due un po’ più avanti dell’altro per stabilità.
Anche la nostra voce è un’arma. Ci hanno abituate a usare la voce con gridolini di paura ma con la stessa quantità di voce possiamo trasmettere il messaggio opposto: usiamo la voce per gridare decise e non spaventate, per dire NO! Per opporci a qualcuno che ci sta molestando. Gridare con voce dura mette in guardia gli altri e può spaventare un aggressore.
Le mani vanno tenute alte a proteggere il viso, ma all’occorrenza due dita negli occhi dell’aggressore, specie i pollici se cerca di metterci le mani al collo, lo neutralizzano facilmente, così come un pestone deciso sul piede, sembra una sciocchezza ma è efficace e poi meglio darsela a gambe.
Non si deve mordere mai, tantissime malattie si trasmettono col sangue. Ovunque siamo, è bene imparare ad individuare sempre vie di fuga e i possibili oggetti a disposizione per difenderci.
Dobbiamo fidarci del nostro intuito e se uno sembra viscido, meglio evitarlo, se un fidanzato ci dà uno schiaffo, lo farà ancora, quindi quello è il capolinea della relazione. E infine, nel pericolo non gridare aiuto, ma “al fuoco”! È molto, molto efficace.
tatuaggi e tatto..
Cosa sia davvero un tatuaggio, quali siano le origini e la storia, loro non lo sanno, ma loro chi? Si tratta del popolo di soggetti a volte con larghe possibilità economiche che si decorano la pelle, più o meno come dipingono d’arancione le pareti delle loro case, con tanto di faretti naturalmente. Prima ancora del cattivo gusto, arriva palese la smania italiana dell’eccesso per farsi notare.
Siamo i più numerosi d’Europa e qualche coatto crede che si tratti di un vanto. Ahimè, non si fanno tatuare soltanto i soliti italiani che urlano al cellulare e vagano per locali con ragazze super minigonnate. Tutti questi soggetti, talvolta molesti, nulla sanno del codice antico del tattoo occidentale oppure orientale, della malavita in carcere o dei marinai.
I corpi dei discendenti di Garibaldi, che marinaio lo fu davvero, non sono colorati e dipinti per nobiltà marinara né per appartenenza a qualche lontana tribù, né per aver scontato una condanna nelle patrie galere. Spesso il tatuaggio fa sentire il coatto tronfio come un tacchino. Il più diffuso modello di riferimento rimane il semi vip un po’ cretino che si tatua pure le dita, lui che fa parte dell’orrida e nauseabonda corte dei miracoli dei presenzialisti finti divi della televisione, ma solo delle retrovie, a volte vomitati dai reality.
Sono quelli delle feste in Costa Smeralda con il magnum e i bengala, e il nome gridato dal vocalist. Sono fotografati nelle riviste che nessuno conosce, a parte le sciampiste.
Il buon gusto purtroppo non si può imporre per legge, però forse sarebbe opportuno vietare davvero e non solo a chiacchiere, ai minori di deturparsi il corpo, per poi piagnucolare da mamma e farsi fare trattamenti al laser che non solo sono lunghi, ma lasciano qualche cicatrice.
Andando a curiosare nei raduni dei tatuatori, non si può non notare dei mostri presentati come disegni di Giotto.
Quindi è Meglio aspettare dunque che la persona sia capace almeno d’intendere e di volere, per cercare di capire cosa significa fare investimenti narcisistici sul proprio corpo, truccarlo, tatuarlo, manipolarlo senza ritorno.
E poi diciamolo che non è vero che “siamo tutti poeti e il corpo è la pagina su cui scrivere”.
E poi il tripudio arriva sulle spiagge, dove l’orrore va in passerella non solo sui tacchini, ma anche sulle oche tutt’altro che bianche, ma colorate con l’adipe pieno di disegni tribali, fiorellini, farfalle, animali, defunti che un tempo stavano nella cornice d’argento sul comò sopra il centrino, e ora invece viaggiano sulle pance, sui bicipiti e francamente è davvero troppo.
Ci sono anche le scritte funebri, anche in una lingua diversa, tanto se proprio bisogna essere tamarri, meglio esserlo fino in fondo! Quindi il tatuaggio nel nostro Paese ha sostituito un po’ il catenone d’oro, la pettinatura da Limahl, lo striscione dello stadio, tatuato pure quello, i segni zodiacali e le iniziali per chi ha la memoria come il neurone di un lombrico.
Questi soggetti spendono cifre folli per farsi decorare a vanvera, ma non hanno mai comprato un libro in vita loro e qualcuno deve averglielo fatto notare, infatti, spesso si fanno tatuare interi paragrafi, capitoli, così nessuno potrà dirgli di essere degli ignoranti, almeno non del tutto.
Il tatto ha davvero una storia e un significato, quindi vedere il popolo italico simile a una borsa Alviero Martini fa davvero non solo orrore, ma una grande malinconia. Mio nonno, lui sì che aveva un tatuaggio vero, era stato in marina, e aveva uno sbiadito delfino azzurro, mai ostentato e posso garantire, che lui sì che era un figo!
Simona Aiuti